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      Non solo freelance: intervista a Valentina, ricercatrice post-doc

      Chi l’ha detto che il coworking è un posto solo per freelance? Intervista a Valentina Petrolini, ricercatrice Post-Doc e nuova coworker



      La ripresa post-lockdown continua a regalarci sorprese, belle e inaspettate. Una di queste è Valentina Petrolini, ricercatrice post-dottorato in filosofia della mente, che dagli States passando per i Paesi Baschi è approdata a On/Off diventando coworker lo scorso settembre.

      Ma, al di là della sua movimentata esperienza di vita, ciò che ci ha subito colpito è il suo ambito lavorativo di provenienza: quello della ricerca all’interno dell’Università, un’istituzione tanto importante quanto in apparenza inaccessibile e distante dalla quotidinanità. Un soggetto con il quale il mondo del lavoro, e ancora di più quello imprenditoriale, fanno fatica a dialogare: figuriamoci a contaminarsi all’interno dello stesso spazio.

      Il bisogno di Valentina di avvicinarsi a una realtà come On/Off ci ha quindi molto incuriosito e abbiamo pensato di rivolgerle qualche domanda sui motivi che l’hanno spinta a scegliere il coworking come base operativa e professionale.

      1. Benvenuta Valentina! Parlaci un po’ di te.

      Ciao! Mi chiamo Valentina Petrolini e sono una ricercatrice post-dottorato presso l’Università dei Paesi Baschi. Mi occupo di filosofia della mente in ambito psicologico e psichiatrico: studio il limite tra normalità e patologia, ovvero in che modo è possibile capire se una persona ha disturbi mentali e come si possono definire.

      2. Cosa ti ha spinto a intraprendere la carriera di ricercatrice universitaria?

      Inizialmente ero nel campo della filosofia più tradizionale e astratta ma, dopo il dottorato, ho scelto questo lato più empirico perché vedevo la filosofia troppo staccata dal quotidiano, dai problemi della vita reale. È stato anche un modo per riprendere le origini della filosofia, quando ancora “si faceva sul campo”, ma con i limiti e le opportunità della società attuale. Finito il dottorato negli Stati Uniti nel 2017, sono tornata in Italia e la nascita di mia figlia nel 2018 ha contribuito alla mia permanenza qui. Quando ho trovato la possibilità di lavorare “un po’ qua e un po’ là”, come ricercatrice a distanza per l’EHU, l’ho presa al volo senza pensarci due volte!



      3. Come mai hai scelto On/Off e come ti sei trovata?

      Essendo di Parma, ne avevo già sentito parlare ma senza mai aver avuto la necessità di approfondire. I recenti mesi di “reclusione” in casa mi hanno convinto a provare quest’esperienza, finora assolutamente positiva. Mi sento molto a mio agio, c’è il giusto compromesso tra i propri spazi personali e lo spirito di gruppo. La cosa che mi ha colpito maggiormente è la propensione alla condivisione dei coworker, anche se ognuno appartenente a mondi differenti, l’importanza del dialogo e dell’apertura a prospettive diverse dalla propria. Da non sottovalutare tutte le risorse messe a disposizione come gli spazi, il bivakko e l’amore incondizionato per il caffè!

      4. Rispetto all’ambiente universitario da cui provieni, vedi o ti immagini dei punti di contatto con il coworking e in generale con il mondo del lavoro indipendente e dei professionisti?

      La prima similarità che mi viene in mente riguarda la flessibilità dell’orario lavorativo. Le performance non sono misurate in base agli orari ma in base agli obiettivi, quindi diventa importante gestire efficientemente il proprio tempo per raggiungerli. Inoltre il lavoro di ricercatrice, nonostante venga svolto in team, è di natura individuale al pari di un freelance. Credo che il mondo universitario e quello imprenditivo se entrassero in contatto più spesso e in maniera continuativa si compenetrerebbero molto bene.

      5. Come immagini il tuo futuro prossimo?

      Sono ancora all’inizio di questa esperienza come ricercatrice e per il momento sono concentrata su questo. L’obiettivo, con il mio gruppo di lavoro, è quello di approfondire l’ambito clinico. In futuro vorrei formare un mio team di ricerca oppure avere una cattedra presso l’Università, o comunque una posizione che mi garantisca maggiore stabilità.