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      L’editoria in smart working: intervista a Luca Giangrandi

      Lavorare nell’editoria ai tempi dello smart working

      Uno dei trend post-pandemici sul tema della flessibilità lavorativa è la restorativeness, concetto secondo il quale gli spazi influiscono e impattano sul benessere psicofisico delle persone. Detto così, può sembrare la scoperta dell’acqua calda.

      Ma quando si parla di smart working, la dimensione “spazio” assume necessariamente significati e funzioni diversi, a seconda dell’utilizzo che si è tenuti (o, in certi casi, costretti) a farne in un determinato momento (es: il classico salotto che diventa ufficio ma anche sala riunioni nonché coffee station). Quindi: chi meglio di un lavoratore agile ha sperimentato sulla propria pelle questa necessità? L’esigenza di ricevere benefici psicofisici anche sulla sfera professionale, e non solo personale, dall’ambiente in cui si trovano a lavorare? Ne sa qualcosa Luca Giangrandi, sales manager ed editor per Quodlibet, che, dopo aver lavorato da casa per due anni, è da poco diventato coworker resident a On/Off. Cosa lo ha spinto a prendere questa decisione?  Glielo abbiamo chiesto nella nuova intervista la rubrica Quello che i coworker non dicono.

      1. Chi sei e di che cosa ti occupi?

      Ciao! Sono Luca Giangrandi e lavoro per la casa editrice Quodlibet, che si occupa di saggistica su temi come filosofia, architettura, storia, arte e anche un po’ di narrativa. In più mi occupo di redazione e correzione di bozze, seguo il sito web e i social media della casa editrice.

      2. Perché hai scelto di lavorare in uno spazio di coworking?

      Avevo già deciso di lavorare a distanza. Le sedi della casa editrice si trovano a Roma e a Macerata, ed essendo originario del nord Italia volevo stare vicino a casa. Causa pandemia ho lavorato da casa per due anni, ma stanco di non avere dei ritmi precisi né una distinzione tra gli ambienti di lavoro e di casa, ho deciso di provare il coworking. Mi sono trovato subito bene e sono rimasto qui.

      3. Un vantaggio e uno svantaggio di lavorare in coworking?

      Uno dei vantaggi è che “vai in ufficio” – che dal punto di vista psicologico lo considero molto sano – dove trovi delle persone con cui confrontarti, parlare e condividere gli spazi. Dal punto di vista dell’esperienza, è molto più motivante che stare da soli in una stanza e senza cambiare ambiente. Nel mio caso uno svantaggio potrebbe essere la distanza con casa mia, vivendo io a Casalmaggiore che è a mezz’ora di strada da Parma. 

      4. Cosa è cambiato nel tuo lavoro post-pandemia?

      Prima il mio lavoro mi permetteva di viaggiare, andare per librerie tra Roma e Macerata. Ovviamente tutto questo non è più possibile da due anni e per me è stato il cambiamento più evidente. Riguardo i rapporti di lavoro, i miei colleghi hanno cominciato a rivedersi in ufficio solo da qualche mese. Durante il lockdown, ci sentivamo per telefono su Meet. Oggi continuiamo ad usare questi strumenti per comunicare con autori e clienti, modalità che ci permette di risparmiare molto tempo rispetto a prima, quando ci si incontrava quasi sempre di persona. 

      5. Dove ti immagini in futuro?

      Forse in un ufficio mio, con altre persone che si occupano di attività simili alle mie, con cui poter condividere non solo gli spazi ma anche il lavoro.