Il lavoro creativo in epoca post-pandemica

In un periodo in cui la modalità lavorativa dello smart working imperava causa Covid-19, settori professionali come quello della creatività sono stati messi a dura prova: costretti tra quattro mura, i professionisti dell’arte e della cultura hanno dovuto rinunciare alle dinamiche relazionali tipiche del processo creativo, fatto di scambi, input, feedback e interazioni con colleghi e pubblico.
Per ridurre le distanze con il mondo esterno e contrastare l’isolamento caratteristico del lavoro da casa, in fase pandemica e post-pandemica, con le dovute precauzioni, i coworking hanno continuato ad essere punti di riferimento e isole felici per molte persone, in primis freelance. Ne abbiamo parlato con Caterina Savi, regista, storyboard artist e nostra coworker, nell’intervista per la rubrica Quello che i coworker non dicono.
1. Ciao! Chi sei e di che cosa ti occupi?
Ciao! Sono Caterina Savi, ho 31 anni e sono libera professionista. Dopo aver lavorato come grafica, qualche anno fa ho deciso di specializzarmi in un corso di cinema d’animazione e adesso sto lavorando come regista, storyboard artist e animatrice.
2. Perché hai scelto di lavorare in uno spazio di coworking?
Diciamo che è stata più una scelta di comodo che di necessità. Con la pandemia ho detto basta lavorare da casa! Per me era arrivato ad essere frustrante. Lavorare in un coworking per certi versi è come andare a lavorare in ufficio, riesci ad essere più disciplinato anche con le scadenze e a darti un ritmo. Il rischio del lavoro da casa è quello di continuare a lavorare tutto il giorno e di non smettere mai.

3. Com’è cambiato il tuo lavoro dopo la pandemia?
Quando è scoppiata la pandemia ero ancora a scuola e stavo frequentando il corso, quindi gli aspetti della mia vita che ne hanno più risentito sono di tipo relazionale. Il fatto di non potersi spostare ha bloccato le potenziali occasioni ed esperienze lavorative in altre città. In un ambiente come quello del cinema d’animazione è importante frequentare, purtroppo durante il lockdown e anche dopo sono stata impossibilitata a farlo.
4. Dove ti immagini in futuro?
Domanda interessante: in realtà non lo so, anche se sicuramente mi piacerebbe riuscire a lavorare in uno studio d’animazione come storyboard artist, l’ambito in cui ho scelto di specializzarmi a livello professionale.