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      La condivisione degli spazi. Cartoline da Rosignano Marittimo.

      “Ciao a tutti, mi chiamo Enea e sono qui

      per sapere cos’è un coworking e a cosa serve”.


      Nella sua semplice essenzialità, la domanda di Enea ci spiazza e allo stesso tempo ci riporta alla dimensione “basic” del nostro operato quotidiano: non solo quindi raccontarcela tra di noi o tra persone che già sanno i vantaggi degli strumenti collaborativi, ma diffondere la cultura dell’autoimprenditorialità anche ai meno esperti, senza dare per scontato nessun concetto.

      Ma chi è Enea? Enea è uno dei partecipanti al talk “La condivisione degli spazi – I coworking”, al quale siamo stati invitati a portare la nostra testimonianza in qualità di spazio di coworking e più in generale spazio di lavoro collaborativo. Questo a cui siamo è il terzo di 4 appuntamenti di “Innovation hub”, percorso di formazione promosso dal Comune di Rosignano Marittimo per cittadini, associazioni e imprese sui metodi innovativi di rigenerazione e valorizzazione di spazi pubblici.
      L’obiettivo dell’Amministrazione è attivare un processo di collaborazione con tutti gli attori del territorio e confrontarsi con best practices di laboratori creativi permanenti, spazi di lavoro condivisi e nuove imprese nel settore culturale e sociale. Il percorso mira a gettare le basi per l’attivazione condivisa dell’Innova-Lab dei Saperi, spazio per il lavoro collaborativo, lo scambio generazionale dei saperi e l’artigianato creativo previsto dal Progetto di Innovazione Urbana – PIU Ways.

      Insieme a noi, nella persona di Licia Vignotto, Il Turco, associazione e progetto molto interessante che oltre a organizzare Interno Verde (manifestazione che ogni anno rende possibile visitare i più suggestivi e curiosi giardini privati del centro storico di Ferrara), gestisce uno spazio di coworking privato all’interno di un antico “cassero” completamente restaurato.
      Stavamo quasi dimenticando di dire che tutto il processo di co-progettazione, di cui noi per l’occasione abbiamo rappresentato solo un piccolo tassello, è stato facilitato da Labsus Laboratorio di Sussidiarietà, associazione nazionale che promuove un nuovo modello di società basato sul principio di sussidiarietà orizzontale (art.118 Cost. u.c.).

      Ad ascoltare i racconti nostri e di Licia de Ilturco, immaginandosi variabili scalabili all’interno della propria comunità di riferimento, a scuotere la testa (“No questo da noi non si potrà mai fare”) o ad annuire (“Ahpperò bell’idea”), un pubblico eterogeneo, composto da dipendenti e operatori comunali, liberi professionisti, lavoratori a vario titolo, interessati e curiosi.

      Questo è lo scenario che ci troviamo davanti quando arriviamo. Un gruppo di persone del luogo, un referente dell’amministrazione, un facilitatore esterno, due “testimonial” da fuori Regione e un foglio bianco, datato e intitolato “La condivisione degli spazi di lavoro. I coworking”.

      Eh già. Bella domanda.


      Come si riempie un foglio bianco di contenuti e indicazioni sulla condivisione di spazi di lavoro?

      Reduci da questa trasferta, come in realtà da molte altre realizzate in passato in giro per l’Italia, abbiamo nuovamente riflettuto e provato a dare risposta a questa domanda. Da queste nuove riflessioni, abbiamo estratto 3 concetti chiave che a nostro parere sintetizzano al meglio i passaggi e le azioni necessari all’attivazione di spazi collaborativi.

      P.S. Siamo contrari ai ricettari perfetti, non esistono formule pre-costituite per fare nulla; le nostre sono solo suggestioni, punti dai quali partire per farsi ulteriori domande e indirizzare i cambiamenti.

      ascolto

      Non partite in quarta. Un progetto collaborativo, qualunque esso sia, per definizione non potrà mai essere solo e solamente vostro. Ascoltate i parenti, gli amici, i vicini, gli amministratori, i cittadini, i freelance, i makers, gli educatori, i camionisti, i baristi, gli avvocati, i commercianti, i veterinari, le aziende, le associazioni ∞ Insomma, ascoltate quelli a cui volete rivolgervi, gli interessati, i beneficiari, i clienti, i destinatari, i committenti, i coinvolti e i coinvolgibili del vostro progetto. Radunateli intorno a un tavolo, create una chat WhatsApp o un gruppo Facebook, organizzate un aperitivo aperto. Invitate, domandate, ascoltate, rendete protagonisti. Anche se si trattasse dell’1% di quel che vi diranno, quella minima parte che deciderete di trattenere sarà indispensabile per il futuro del vostro progetto.


      ispirazioni

      Affacciatevi alla finestra: là fuori c’è un mondo intero che magari ha già avuto la vostra stessa idea, o una parte di essa, l’ha messa in piedi e l’ha portata avanti. Magari con successo, magari invece fallendo. Prendete ispirazione dagli altri. Informatevi, alzate la cornetta e telefonate, mandate mail, fate domande: avete la fortuna di potervi collegare istantaneamente alle persone che l’hanno fatto prima di voi, abbattendo la percentuale di rischio di insuccesso, suscitando interesse, tessendo relazioni al di fuori della vostra cerchia e allargando i confini mentali, sociali e sì, anche economici, da cui partireste non facendo niente di tutto ciò.


      tirare le somme

      Siate concreti, il foglio non va solo riempito di parole e lasciato ingiallire dal sole che entra dalla finestra. Tutto il contrario: se farete un buon lavoro, quel foglio finirà inevitabilmente arrotolato in qualche scatolone, a prova del fatto che non ci sarà più bisogno di aver fissati i punti in verticale su un muro, ma che quei punti saranno diventati fatti, eventi, esperienze, incontri, attività, progetti, budget, pianificazioni. Cose. Reali, tangibili, misurabili, documentabili. Non fermatevi all’entusiasmo iniziale della co-progettazione: misuratevi con la fatica e la soddisfazione della (co)creazione, della (co)realizzazione, della (co)gestione.

      Il cammino è difficile e in salita, apparentemente non ha una meta o un termine.

      Ma fidatevi, ne vale la pena!